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domenica 14 ottobre 2018

CECI N'EST PAS FANTASCIENZA

La fantascienza è morta? Risorgerà? In Italia c'è speranza? Oppure dobbiamo rassegnarci a essere l'ancella della letteratura, fanalino di coda mondiale? 


E noi autori? Dobbiamo rinunciare a scrivere per lasciare spazio a gli stranieri? O invece ci tocca continuare a lottare nelle nostre trincee? Sarà saggio sborsare migliaia di euro per corsi di scrittura ed editor? O è più proficuo investire in traduttori con la vaga speranza di sedurre il mercato d'oltreoceano? E che dire di chi propone di scimmiottare gli autori statunitensi, veri "maestri" del genere? Allettante, ma se poi otteniamo solo che qualcuno ci canticchi con disprezzo: "Tu vuo' fa' ll'americano, mericano, mericano, ma si' nato in Italy. Sient' a mme, nun ce sta niente 'a fa'..."?

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Insomma, parliamoci chiaro, la situazione è tragica e a questa edizione di Stranimondi non si è fatto altro che ripeterlo. Nonostante l'affluenza, siamo e restiamo quattro gatti, metà dei quali scrivono. E all'esterno siamo visti come nerd pieni di bubboni che si trastullano con alieni e astronavi.

Colpa di chi?

Pare che il trend sia addossare la responsabilità equamente a scrittori e lettori.

All'incontro del 6 ottobre "Didattica della fantascienza", per esempio, Franco Ricciardiello non ha esitato a dire che gli autori italiani sono ben lontani dal raggiungere i livelli americani, ragione per cui dobbiamo correre tutti in massa a comprare il suo manuale (se ho capito bene) che ci traghetterà come Caronte sull'altra sponda dell'Acheronte a velocità di curvatura. A parte la questione del manuale che, ne sono certa, sarà utilissimo, davvero dobbiamo vivere questo perenne senso di inferiorità?


Franco Forte non è di quest'opinione. Nella sua intervista a Fantascienza Today  ha ribadito più volte che i lettori in Italia snobbano gli autori italiani con una pervicacia inquietante. Ne paga le conseguenze persino Scalzi, in quanto ha l'handicap di avere un cognome italiano. Sembra che l'esterofilia sia così forte che basta chiamarsi John Smith per avere un posto nell'empireo fantascientifico. Mentre ottimi autori nostrani restano nell'ombra contendendosi i 25 lettori di manzoniana memoria.

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E le case editrici? C'è chi ha criticato aspramente anche loro: non accettano giovani, non fanno promozione, perpetuano l'andazzo e poi osano pure lamentarsi. Rapida la risposta: non ci sono soldi!

Insomma, sembrerebbe il classico serpente che si morde la coda. Troppi scrittori, pochi lettori, pochi soldi, poca pubblicità, pochi lettori etc. etc.

Ma la cosa che ogni amante della fantascienza si chiede perdendo ore di sonno, la cosa che tormenta in egual misura scrittori, lettori ed editori è questa: 

PERCHE' LA FANTASCIENZA NON PIACE?


Giusto oggi Alberto Costantini ha formulato un'ipotesi: il gusto si forma da piccoli, molto si deve alla scuola, le proff di lettere odiano la fantascienza, ergo non fanno appassionare i giovani. Sillogismo perfetto. Gli do ragione. Le mie colleghe detestano la fantascienza. Ma come biasimarle? E' stato per decenni un genere maschile, con protagonisti quasi sempre maschili, e figure femminili a due dimensioni. Anzi, a tre: 90-60-90.

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E non parliamo del sentimento: si tollera il sesso, ma l'amore no, per carità! RED ALERT! L'amore è il nemico numero uno, fa bollare immediatamente il libro come Harmony. Mi spiegate come piffero dovrebbero immedesimarsi queste poverette? E se non si immedesimano, se non provano emozioni, perché dovrebbero leggere fantascienza???
A questo si somma il fatto che la fantascienza, almeno in teoria, è una cosa scientifica e, nelle passate generazioni, poche donne facevano studi tecnici o scientifici. Anche perché la cosa era vista come innaturale. Conosco uomini che ancora adesso non riescono ad ammettere che so che cos'è un carburatore, figuriamoci un'astronave! E ricordiamo tutti le critiche assurde a Samantha Cristoforetti. Ma non parliamo di questioni di genere, please, che il discorso è lungo e amaro e usciamo dal seminato.
 
Restiamo sul pezzo. E aggiungiamo a questo cocktail corrosivo le massicce dosi di distopia che generano di certo dispepsia in ambo i sessi. Come dice un amico: "Credete di farmi paura più di Rai News 24"? Andiamo! Un conto è la denuncia sociale, sacrosanta, ma siamo già abbastanza angosciati, non credete?

Insomma, come tutti sanno, l'idiosincrasia nel pubblico generalista è così forte che ormai molti grandi autori preferiscono negare, contro ogni evidenza, di avere scritto qualcosa che rientri in questo genere maledetto.

Che fare, quindi?

La mia impressione è che nessuno abbia una ricetta. Io stessa mi sono logorata i neuroni senza alcun risultato. Poi però, mi è balzata davanti agli occhi la parola RICETTA, per l'appunto. E con essa, per una freudiana associazione di idee, i tanti racconti di mamme di miei alunni. "Luigino odia le verdure, ma io gliele faccio panate, a forma di hamburger e lui se le pappa. Ma guai a dire che sono carote e piselli!"
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E se davvero dovessimo cambiare etichetta? Se davvero fosse giunto il momento di mascherare i nostri piselli da salsicce? Ehm... Volevo dire, le nostre verdure da bistecche? Se dovessimo inventare un nuovo nome per questo meraviglioso genere? Forse il nostro destino è quello dei netturbini che si sono magicamente trasformati in "operatori ecologici" o delle bidelle che ora si chiamano "commesse".
In passato le opere di autori importanti sono state classificate sotto la voce "realismo magico". Ma non è l'unica possibilità. Perché non lanciare un contest, allora?  

RINOMINA LA FANTASCIENZA

Il termine più affascinante, seducente e gradito sostituirà quello obsoleto e odioso che ci fa tanto soffrire. E vivremo tutti felici e contenti. Dopotutto, come diceva Romeo, una rosa non perde il suo profumo anche se le do un altro nome.

E con questa sarcastica, ma non troppo, conclusione, passo e chiudo!

domenica 9 luglio 2017

FANTALIBRI: "La quinta onda" di Rick Yancey


Ma ci considerate tutti cretini o il privilegio di essere tali è riservato agli YA, cioè gli Young Adults? Certo, cresciuti a cavolate, i ragazzi di oggi potrebbero avere uno spirito critico un po’ atrofizzato, ma come insegnante conosco tanti adolescenti che non sono affatto scemi e tanti insegnanti e genitori che si danno da fare per scongiurare il pericolo che si rimbecilliscano. Ciò nonostante, “La quinta onda” di Rick Yancey ha avuto successo ed è apprezzato anche da molti Adults senza Young, i quali in teoria dovrebbero essere più smaliziati. 



Il modo in cui è approdato nella nostra amata penisola è sempre lo stesso: gli americani, che ingoiano qualsiasi schifezza purché sia saporita e faccia ingrassare, lo hanno comprato (magari bombardati da un’efficace pubblicità), un produttore ci ha fatto un film (che non vedrò se non sotto tortura) e ai nostri poveri editori, sull’orlo del collasso, non è parso vero di accaparrarselo. E piazzarci il bollino “best seller”. Ma noi italiani, noi che modestamente il cervello lo sappiamo usare e che siamo ipercritici su qualsiasi cosa, non potremmo imparare a vagliare la letteratura con la stessa chirurgica precisione con cui ci lamentiamo che gli spaghetti in Papuasia non li sanno cuocere al dente?

No, ci esaltiamo per un testo con una trama che fa acqua più del mio scolapasta, con più incongruenze dei discorsi di un fidanzato fedifrago decisamente ubriaco e con personaggi dello spessore di una figurina dei calciatori.

Iniziamo dalla più grossa baggianata: gli alieni. Per chi non lo sapesse “La quinta onda” parla dell’abusatissimo tema dell’invasione aliena: un’astronave, simile a un occhio verde e maligno, compare nel cielo e parte il solito circo di esaltati new age etc. Ma gli alieni non sono buoni. Distruggono quasi del tutto l’umanità in tre ondate: onda elettromagnetica, tsunami ed epidemia, usando la loro potentissima tecnologia. Peccato che gli alieni siano incorporei. Sono pure intelligenze, che cercano un mondo da abitare dopo avere sputtanato il loro (che originalità) e quindi devono fare piazza pulita. Tuttavia, abitare significa avere corpi e così si prendono alcuni dei nostri. Sorvoliamo sulla scopiazzatura palese da l’ "Invasione degli ultracorpi": d’altronde è difficile essere originali oggigiorno. Ma vorrei capire che se ne fanno esseri incorporei di una nave spaziale, come attivano i macchinari, come operano. Il libro non lo dice. Il libro è reticente su molte cose. Forse verranno svelate nei successivi volumi (che non leggerò). L’unica soluzione è che si siano riversati in robot dotati di arti, occhi, orecchie e tutto il resto, ma se così fosse perché non portare avanti l’invasione tramite macchine perfettamente sostituibili? No, lo fanno coi nostri fragili corpicini di carne che possono essere uccisi dai nostri fucili. 





Ma veniamo al movente, al metodo e alla tempistica dell’invasione. 
Il movente. I poveri alieni disincarnati vogliono ricominciare a provare i piaceri della carne (li capisco) e scelgono la Terra e l’umanità. Ma odiano l’umanità e il suo modus vivendi. Entrano nei corpi quando sono ancora feti, stanno lì latenti per decenni e poi paff!, quando l’ospite ha accumulato ricordi, sentimenti, affetti, si manifestano e gli dicono: “Tu non sei tu, tu sei me. Rinuncia alla tua umanità, lascia tua madre e tuo padre, anzi già che ci sei sterminali, insieme a tua sorella, la tua ragazza e gli amici del liceo.”

Il conflitto interiore dovrebbe essere tragicissimo, ma viene descritto in modo alquanto annacquato attraverso il POV di un unico personaggio per una manciata di pagine. Nessuno è colto da una ovvia schizofrenia: sono tutti SS scatenate senza coscienza.

Il metodo. E la tempistica. Sono seimila anni che gli alieni ci osservano per capire come pensiamo, in modo da fregarci. E che cosa fanno? Agiscono adesso, nell’era atomica, nell’epoca tecnologica, in cui invece di sterminare qualche milioncino di individui dediti all’agricoltura di sussistenza e all’allevamento di capre, se ne trovano davanti sette miliardi, armati e sgamati. E soprattutto oggi che la Terra è al capolinea, inquinata, ingombra di città, fabbriche e tutto il corredo di una civiltà che è giunta al collasso. Come dire che cambio la mia casa distrutta con un catapecchia fatiscente e infestata da sorci armati fino ai denti. Geniale, no? E neppure si può dire che si sostituiscano alla maggior parte di noi e sfruttino ciò che noi abbiamo fatto e costruito, perché a) sono poche migliaia e b) tutto è in sfacelo. Ovunque roba che brucia, edifici abbandonati, ingombri di cadaveri putrescenti. Insomma, rischiano di passare qualche centinaio di anni a fare le pulizie di primavera e, ahimè, non ci sono tappeti sotto cui nascondere la spazzatura di un pianeta intero.

Ma come si suol dire, chi rompe paga e i cocci sono suoi. Cavoli loro, no? Resta il fatto che sono alieni incorporei, supertecnologici e… dementi.

Passiamo ai buchi della trama. Ovviamente i protagonisti sono adolescenti sopravvissuti e cazzutissimi, se no non si giustificherebbe lo YA. Sono sopravvissuti anche degli adulti, ma gli alieni dementi decidono di sterminarli sistematicamente mentre salvano i piccoli al di sotto dei 15 anni per addestrarli come bambini soldato che, ingannati, li aiuteranno a far fuori i pochi umani rimasti. Perché? Perché i bambini sono manipolabili più dei grandi. Possibile. Inoltre questo fa gioco all’autore che si toglie dalle balle gli adulti ritrovandosi solo con dei ragazzini e può infilare nella storia un po’ di Isis, un po’ di Boko Haram e una buona dose di quei filmacci sui sergenti di ferro che urlano e ti torturano per fare di te un verso soldato. Peccato che uno dei protagonisti, usato in queste truppe, abbia superato da tempo i 15 anni. Tra l’altro viene salvato dalla pestilenza proprio dagli alieni. Perché lui sì e gli altri no? Perché non hanno voluto addestrare la sanissima Cassie (altra protagonista) a causa dei limiti di età (ne ha sedici) e invece hanno rimesso in piedi un ragazzo più grande? Misteri alieni. O forse all’autore serviva lui perché lui è il Figo del liceo per cui Cassie sbavava e tutti i ragazzini deficienti americani, suoi lettori affezionati, si chiedono: “Lo faranno alla fine del libro?”

No che non lo faranno, ovviamente! Perché questo è uno YA puritano, infarcito di sangue, pestilenze, cadaveri e violenza ma senza sesso. Guai! Non sia mai che nel mezzo dell’apocalisse una sedicenne americana di oggi, dopo aver limonato col ventenne Mr. Figo 2 (che se la contende con Figo 1), abbracciata a letto con lui dica: “Ma sì, godiamoci questa serata! Tanto che me ne faccio della verginità se domani crepo? Chi vuol esser lieto sia, di doman non v’è certezza! Yuppieeeee!!! ” SCANDALO! Sembra di sentire i genitori della Bible Belt che raccomandano: “Tesoro, uccidi pure il nemico sparandogli in faccia mentre stringe un crocifisso, ma tieniti strette le mutande!”

Ma torniamo alla base di addestramento degli alieni camuffati da brave persone. Ovviamente i bambini-soldato non sono dei cretini, e alcuni sgamano di essere stati manipolati. Costoro vengono ammazzati senza pietà. E ci sta anche. Ma allora perché gli alieni, quando scoprono che tre sbarbatelli hanno capito tutto e violato la loro supermega base, non si limitano a scovarli e farli fuori? Perché sentono il bisogno di radere al suolo la base??? Ma sono davvero dementi! Menti dementi!

Tutto perché? Perché i nostri devono scappare nel mezzo del delirio, col rischio di essere presi, di esplodere con la base. Il nostro eroe Figo 1, con un buco in un fianco, anche se, uscito di soppiatto dall’ospedale, si trascinava come uno zombie, adesso deve arrampicarsi per i muri lisci salvando la bella (e sana) fanciulla e il di lei fratellino mentre la maglia è zuppa di sangue. Solo così potrà riscattarsi dai passati errori. E poi, Figo 2 deve fare esplodere l’arsenale interno della base (sì, gli alieni sono fuggiti come se avessero alle calcagna i mastini infernali e non tre sbarbatelli e hanno lasciato lì tutte le loro superbombe!!!). E così c’è la scena epica dei fuggitivi che corrono mentre la terra si apre, come in un B-movie dei più biechi. Il regista del film ci sarà andato a nozze!

Ma non è finita. Ora veniamo alla tecnica di scrittura. La storia è narrata in prima persona da due personaggi e mezzo (come dicevo il mezzo alieno racconta dal suo POV solo per poche pagine), e raccontata in terza persona da un narratore esterno per il resto del libro, con una rigorosa alternanza dei due metodi, il che già è straniante. Inoltre, il tutto è al presente storico, con incursioni nell’imperfetto e nel trapassato prossimo in un continuo rincorrersi di flashback. Insomma, nessuno è morto e ha lasciato detto: "Terza persona, passato remoto! Se no brucerai all'inferno!", però a tratti disturba davvero. L’unico vantaggio è una certa vivacità del testo che, lo ammetto, si legge tutto d’un fiato.

Ma è sufficiente? Basta che sia avvincente e tutto il resto non conta? Siamo ridotti a questo livello?

Non so voi, ma io no. Intrattenere e farsi intrattenere non significa abdicare completamente alla propria capacità di giudizio. E non venitemi a dire: “E uno YA, che ti aspetti?”, perché con questa storia mi sa che molti adulti si sparano delle emerite cavolate scaricandosi la coscienza. Come se un libro per ragazzi avesse la licenza speciale di stupidità e di scrittura approssimativa. No, l’adolescente non è un cretino. Basta proporgli delle cose intelligenti e lui le apprezzerà. Dopotutto abbiamo ragazzi che a 16 anni traducono Cicerone e discutono di filosofia greca. I cretini sono altri… E temo abbiano ben più di 18 anni.