lunedì 29 aprile 2019

IL LABORATORIO DELLO SCRITTORE: Il romanzo storico

Tutti scrivono libri storici. TUTTI! Ma proprio TUTTI !!!

È un'epidemia bella e buona: spadoni a due mani medievali, gladii romani, etere greche con le poppe al vento, highlander in gonnellino, affascinanti ussari dallo sguardo assassino, pulzelle in crinolina.  Ho visto persino principesse giapponesi e capi mongoli.
Nel fantasy, poi, l'ambientazione romana va per la maggiore. Che c'è di meglio di un centurione che lotta contro il male?
Vi dirò, anche io ho scritto un fantasy di ambientazione romana, quindi, credetemi, non sto sfottendo nessuno.
Ma questo non significa che lascerò passare tutte le boiate che mettete su carta. Perché le boiate storiche mi fanno venire l'orticaria. Comincio a grattarmi, divento tutta rossa e poi mando fuori tuoni come Giove Pluvio.



Ma basta con la pars destruens (cioè con le invettive che distruggono tutto)! Vai coi consigli, per le poppe di Diana!

Benissimo!

Aprite le orecchiette belle con le cime di rapa (mia frase tipo coi miei alunni).

1)  Se non avete mai visto un gerundivo in vita vostra, se non sapete che cosa sia un aoristo, se non sapete distinguere una lupara da un lupanare, se avete fatto l'istituto professionale per parrucchiere e non avete mai aperto un saggio di storia, fateci un favore: ASTENETEVI! Farete solo figure del cacchio. E non coi super esperti, che troverebbero il pelo nell'uovo in qualsiasi cosa. Farete una figuraccia con chiunque abbia fatto un liceo e durante le lezioni di storia abbia fatto altro che giocare a carte o contemplare le caccole del proprio naso.

2) C'è una soluzione al punto 1: studiate!!! Volete descrivere la casa di Aulo Coruncario? Bene. Partite da internet. Questo non significa limitarsi a Wikipedia. Esistono gli archivi online delle tesi di laurea. Spulciateli.

3) Finito di cercare nel web, cuccatevi i testi di archeologia che giacciono polverosi sullo scaffale della biblioteca rionale. E se lì non c'è nulla, andate in quella più grande della città o nell'università più vicina. Vi stupirà scoprire che ci sono libri quasi su tutto. Basta cercare. E ci sono bibliotecari che vi aiutano. In Sormani, a Milano, c'è una stanzetta che si chiama "Ufficio Ricerche". Qui un autentico topo di biblioteca DOC sceglierà le parole chiave giuste per stanare quell'oscuro libercolo che si nasconde timido tra quei due tomi arroganti. Sì, lui, proprio lui, mai toccato da mani umane. Eppure preziosissimo.

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4) Contattate gli esperti. C'è un esperto per tutto, dalla fisica quantistica agli usi e costumi delle tribù neolitiche della Francia del sud. Rompetegli le scatole. Scoprirete che, dopo un'iniziale diffidenza, sarà entusiasta di aiutarvi. Gli umanisti sono tra i ricercatori più bistrattati. Reputati inutili dal 90% della popolazione mondiale, vivono sbiaditi momenti di gloria solo durante i convegni del loro settore. Qui se la cantano e se la suonano. Ma se un aspirante scrittore chiede informazioni, a patto che non sia troppo idiota, si accendono come lampadine. Vi capita un luminare spocchioso? Cambiatelo. Magari col suo acerrimo nemico accademico. Tiè!

5) I nomi: andate a leggervi dei testi dell'epoca, per la miseria. Saccheggiate le commedie di Plauto o le novelle di Boccaccio o romanzi del Settecento, a seconda del periodo scelto. Per esempio, a Roma, fino a una certa epoca, c'erano i tria nomina, ovvero i tre nomi: Caio Giulio Cesare. I figli, udite udite, avevano lo stesso nome, con piccole varianti: Gneo Giulio Cesare, Primo Giulio Cesare, Quinto Giulio Cesare. Le donne, invece, non avevano un vero nome. Caia, Secunda, Publia... Oppure prendevano la versione femminile del nome della gens, ovvero Giulia. Non v'inventate Aufidia Plautilla Azia Fanculia Secunda. Non ha senso. E anche se vi fa schifo, fatevene una ragione: nel Quattrocento c'era gente che si chiamava Vitellozzo Vitelli.

6) Che si comportino secondo i canoni della loro epoca. E che parlino in modo adeguato. Non esistevano tenere vergini medievali che apostrofavano il cavaliere di turno dicendogli: "Vieni bello, che ti condisco la zucchina!" (neppure se è un'ucronia). Sì, okay, il sesso esisteva anche nel Medioevo, ma la rivoluzione sessuale è una cosa recente.





7) Stilate una cronologia. Non mi fate incontrare Lucio Emilio paolo con Augusto, a meno che non viaggino nel tempo.

8) Calcolate i tempi e i mezzi di comunicazione. Ci sono pagine Web dove puoi inserire due luoghi e ti dice il tempo di percorrenza a piedi, a cavallo, in carro. Non c'erano gli aerei e neppure i telefoni.

9) A questo punto dovete decidere quanto volete rimanere aderenti alla realtà storica, il che non significa stravolgere ogni cosa, ma capire se il vostro sarà un romanzo ucronico o storico.
Nel primo caso, tuttavia, non potete permettervi qualsiasi cosa. Okay, volete scrivere un testo sull'antica Roma in cui gli alieni hanno introdotto tecnologie avanzate. Ottimo! Ma se i Romani non parlano da Romani, non ragionano da Romani, non hanno nulla di Romano, spiegatemi perché ambientarlo a Roma, porca puzzola!

https://roma.repubblica.it/images/2013/04/19/183302634-31577c17-340c-4cf6-b757-ffd3b5d6cd8f.jpg

10) Dall'altro lato, non cadete nella trappola di farvi legare le mani dalla storia. Io sono un po' maniacale e a volte mi sento soffocare dalla mole di dati. In quel caso faccio un bel respiro ed elimino il superfluo. Le vostre ricerche sono come le mutande nel cassetto del vostro personaggio: non è necessario mostrarle, descriverle minuziosamente. Basta che al momento opportuno il nostro eroe le indossi... o le tolga. Basta che sappiate, in fondo al vostro animo, che Aulo Coruncario (sempre lui) sotto la tunica portava un perizoma e non un paio di boxer. Spargete le vostre conoscenze come pennellate qua e là.

Ultimo consiglio: se siete sopravvissuti a questo post, buttatevi pure nel magico mondo del romanzo storico. Se invece vi siete rotti gli zebedei a metà o avete avuto un conato alla parola "studio", fate altro!


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Le immagini sono tratte dal Web. Quelle coi fumetti sono state modificate da me.

lunedì 15 aprile 2019

IL LABORATORIO DELLO SCRITTORE: AMMMOREEEEE

AMMORE O NON AMMORE? Questo è il dilemma, cari scrittori.

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A sentire ciò che si dice in giro, la risposta è: "GIAMMAI!"
Risposta suffragata dall'allergia (presunta) di molti lettori di fronte a ogni palpitazione del cuoricino dei nostri personaggi, a ogni sguardo appassionato, a ogni fremito, a ogni brivido che percorre la schiena e, come avrebbe detto Merope Generosa alias Anna Marchesini (quanto ci manchi! 😥), va a finire sempre LÀ. Sì sì, laggiù, avete capito bene, nella Danger Zone o forse sarebbe meglio Pleasure Zone.
 Risultati immagini per merope generosa

Proprio oggi una lettrice accanita su una nota pagina Facebook dedicata alla letteratura scrive: "Odio la roba sdolcinata!"
Ci sta, sorella, ci sta (Oddio, scrivo come i miei alunni adesso?)
Capisco che dall'appassionato allo stucchevole il passo è breve. E comprendo anche che se uno è appassionato di astronavi, a volte il siluro delle parti basse ci stia come i cavoli a merenda. Oppure sei lì nel mezzo di un fantasy senza esclusione di colpi e il mago improvvisamente tira fuori la bacchetta a sproposito (siamo sempre nella metafora, per chi non l'avesse capito).
Poi c'è da dire che siamo stati tutti traumatizzati dalle "50 sfumature di grigio", un romanzo che più che eccitare stimola a evacuare.

Eppure mi chiedo:  
SI PUÒ DAVVERO ELIMINARE L'AMORE (E IL SESSO) DALLA LETTERATURA?

Probabilmente la risposta più logica è la stessa che darei a quelli che si aggrovigliano sulla pubblica piazza: est modus in rebus, che tradotto terra terra significa fatelo con moderazione e in luoghi acconci. NB: La moderazione ovviamente è un consiglio letterario.
L'amore, infatti, che vi piaccia o meno, è una componente della vita umana, quindi non capisco come si possa far finta che non esista in un romanzo che proprio di tale natura tratta. Nel bene e nel male. Ha fatto crollare regni, ha fatto commettere omicidi e tradimenti, ha rincitrullito anche i più saggi. E non solo: l'amore ispira i più nobili sentimenti, induce ai sacrifici più commoventi, induce a percorrere chilometri trasferendosi all'altro capo del mondo, ci dà quella spinta vitale capace di muovere il cambiamento interiore.

Come si può eliminarlo?

Volete la mia opinione? No, ma ve la do lo stesso. 

ELIMINARE L'AMORE È UNA GRAN CAVOLATA!

Quanto poi a quelli che, appena c'è un bacetto al tramonto e un abbraccio tra lenzuola stropicciate, gridano allo scandalo urlando: "Sembra un Harmony!", vi do qualche notizia utile.



1) Ho tradotto per anni gli Harmony e non nascondo che alcuni fossero davvero biechi, ma hanno permesso a gente che non avrebbe letto altro che la lista della spesa, di appassionarsi alla lettura. Infatti il romance tira sempre, se mi permettete il termine ambiguo.

2) Care donne che tuonate contro la letteratura "sdolcinata", cercando di apparire "maschie", in una vostra personale interpretazione del femminismo, non ci crede nessuno! Vi abbiamo viste a sfogliare margherite chiedendovi se vi ama o vi odia. Vi abbiamo a consultare le cartomanti per sapere se è lui quello giusto. Vi abbiamo ascoltate per ore al telefono, mentre sproloquiavate riguardo alla vostra ultima relazione sulle ali dell'euforia o sull'orlo della disperazione.



3) Vi informo che nei secoli la letteratura d'amore, le poesie zuccherose e le scene hardcore non le hanno scritte le donne, ma gli uomini. La cosiddetta letteratura "femminile" è cosa recente, anche perché, purtroppo, in passato, scrivevano tutto loro, i maschi, mentre a noi toccava fare la calza.

4) Denigrare alcune donne perché amano eccitarsi leggendo un romanzo, per quanto orribile come le 50 sfumature di fuffa, è sessista. Dopotutto, ognuno è libero di eccitarsi come meglio gli pare, nei limiti della legge e della decenza.

Quindi, dato che è primavera, avanti con l'AMMMOREE!

Sognate pure, lasciate a briglia sciolta il vostro cuore. Quanto alla penna (quella vera), chiedetevi solo se quella scena la state scrivendo per tirare su lettori, quasi per un obbligo, o invece perché ha un senso nella vostra storia.
E a chi oserà prendervi in giro date dello zitello/a inaridito/a e consigliate una vacanza su LOVE BOAT, dove l'incontro con l'anima gemella è garantito anche a novant'anni.
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Le immagini sono prese dal web. Alcune sono modificate da me, come la copertina: è fittizia, ma potrebbe essere originale. 😎😜

domenica 31 marzo 2019

FANTALIBRI: I FIDANZATI DELL'INVERNO

Come ogni scrittore o lettore nell’ambito della letteratura dell’immaginario sa bene, ci sono editori che si farebbero tagliare le mani piuttosto che inserire un po’ di sana fantascienza o un po’ di magia nei loro cataloghi. Purtroppo, in genere, sono le case editrici GROSSE a fare questi ragionamenti. Ma ogni tanto, forse in vena di sperimentazioni o forse perché hanno acquisito in blocco diritti stranieri tra cui quelli di qualche romanzo fantastico, aggiungono alla loro produzione qualcosa di diverso. Non so quale sia stata la logica di E/O quando ha fatto tradurre I fidanzati dell’inverno di Christine Dabos. In ogni caso, io mi ci sono buttata a pesce per tastare il polso del mercato. Dopotutto, dopo aver fatto il botto con Elena Ferrante, la E/O rivaleggia con i grandi marchi dell’editoria e non nascondo che le ho mandato un mio scritto. (Che forse non mi pubblicheranno, dopo questa recensione)





Ma andiamo per ordine. Il romanzo in questione è classificato come fantasy (che fa meno paura di “fantascienza”, forse perché i maghi non esistono ma gli alieni potrebbero arrivare domattina e sarebbero cavoli marziani acidi) e si rivolge a un pubblico adulto, sebbene di recente una libraia specializzata in letteratura per ragazzi lo abbia esposto in libreria. 

L’incipit mi ha lasciata un po’ perplessa. La prima cosa in cui s’imbatte il lettore è una strana citazione:

*

Frammento

Frammento

Al principio eravamo uno.

Ma Dio non era soddisfatto di quella forma, così ha cominciato a dividerci. Dio si divertiva molto con noi, poi si stufava e ci dimenticava. Nella sua indifferenza era capace di una crudeltà che mi faceva paura. Sapeva anche mostrarsi dolce, e l’ho amato come non ho mai amato nessuno.

In un certo senso credo che Dio, io e gli altri avremmo potuto vivere felici, se non ci fosse stato quel maledetto libro. Mi faceva ribrezzo. Conoscevo il vincolo che mi collegava al libro nel più nauseante dei modi, ma è un orrore che è arrivato dopo, molto dopo. Non l’ho capito subito, ero troppo ignorante.

Amavo Dio, è vero, ma odiavo quel libro che apriva per un nonnulla. A Dio invece piaceva un sacco. Quand’era contento scriveva. Quand’era arrabbiato scriveva. E un giorno in cui era di pessimo umore ha commesso un’enorme sciocchezza.

Ha fatto a pezzi il mondo.

 *

Ammetterete che questo sfogo contro il Padreterno può risultare fuorviante. Siamo di fronte a un testo con pretese teologiche? Si vuole dare una spiegazione di qualche fenomeno di cui si parlerà nel romanzo? A che libro si riferisce?
Ma passiamo all’incipit vero e proprio:

*


Le vecchie dimore hanno un’anima, si sente spesso dire. Su Anima, l’arca in cui gli oggetti prendono vita, le vecchie dimore avevano più che altro la tendenza a sviluppare un carattere orribile.

L’Archivio di famiglia, per esempio, era sempre di malumore. Per esprimere il suo malcontento non faceva che scricchiolare, cigolare, sgocciolare e sbuffare. Non gli piacevano le correnti d’aria che d’estate facevano sbattere le porte chiuse male. 

  *


Subito ci accorgiamo che siamo in un mondo in cui gli oggetti hanno una vita propria, o almeno funziona così su Anima, che è un’arca. Che cosa siano le arche è un mistero che non verrà svelato per almeno cinque capitoli se non di più (non fatemi contare, vi prego).
Qui inizia la presentazione della protagonista che è maldestra, malaticcia, bruttina e decisamente asociale. Un topo da museo. Insomma qualcuno in cui la lettrice (o il lettore medio) si immedesima a meraviglia.
Intanto l’ambientazione comincia a delinarsi pian piano. Il fruitore seriale di fantasy e fantascienza si chiede se si tratti di un mondo steampunk con venature magiche, almeno a giudicare dagli abiti dei personaggi, o di un futuro in cui l’umanità ha sviluppato poteri magici ma ha conservato alcuni antichi oggetti. La cosa, a ben vedere è irrilevante: W LA CONTAMINAZIONE! Dunque andiamo avanti.
E qui gli asini cominciano a cascare.
La poveretta viene data in sposa a un tale che viene dal Polo, che scopriamo essere un’altra arca. E, inspiegabilmente, dopo aver rifiutato stuoli di cugini che ambivano alla sua mano, si sottomette comprendendo che ormai non ha scelta e al tempo stesso qualificandosi come un’ameba senza un briciolo di spina dorsale. Vede il futuro marito e le pare un surgelato antipatico e cafone, ma non dice nulla. Tanto più che la fondatrice o capostipite o dea (chiamatela come volete, ma sappiate che sembra un’aliena) che sovrintende all’arca di Anima, tale Artemide, ha detto che così dev’essere punto e basta.
Pur soffrendo di raffreddori terribili a ogni alito di vento, pur sapendo che la sua nuova casa è peggio di una cella frigorifera, Ofelia parte su un dirigibile per il Polo. Le arche, infatti, lo scopriamo solo ora, sono isole che fluttuano nell’aria da quando una misteriosa Lacerazione ha diviso il mondo in brandelli volanti.
E qui tutto cambia, svelandoci una triste verità su questo libro: nel tentativo forse di essere originale e avvincente (anche se le citazioni sono profuse a piene mani), Christine Dabos ha cucinato l’equivalente di un minestrone in cui alle verdure classiche si uniscono pezzi di ananas, cosce di cinghiale, maccheroni, melanzane alla parmigiana e, per tocco finale, bigné alla crema. Una nouvelle cousine da brivido che, a giudicare dalle recensioni su Amazon, a qualcuno è parsa interessante, ma a me ha dato solo il voltastomaco.
Facciamo qualche esempio. Il Polo è uno strano miscuglio tra Narnia nei momenti freddi, alcuni scenari di Pullmann e la corte di Versailles nei suoi giorni più dissoluti. Il primo passatempo dei nobili (qui ci sono i nobili, ovvero i mortali dotati di poteri) è scannarsi tra famiglie, che si distinguono per tatuaggi tribali e poteri particolari.  Il secondo è copulare in ogni angolo delle loro lussuose dimore abbellite da complicate illusioni, anche se devono fare figli sono tra di loro, pena l'ostracismo e la vergogna. 
Quanto ai personaggi, il ruolo di Ofelia si riconferma quello di figuretta insignificante, che colleziona raffreddori e mazzate. Quello della zia che l’accompagna è rompere le scatole mostrando i denti cavallini (lo fa in continuazione, nel caso il lettore non avesse colto il dettaglio). Il compito della loro ospite e protettrice, la zia del fidanzato, è di fare la donna fatale, fatua e capricciosa, dedita all’oppio e all’alcol. Il fidanzato, Thorn, gioca ossessivamente con l’orologio, emette qualche rara sillaba, è sempre teso come se avesse un palo dove so io ed è troppo lungo e ossuto (il sogno di ogni donna), un dettaglio anche in questo caso ripetuto ogni tre pagine. 
A questo simpatico quartetto si aggiungono strani e loschi figuri: un ambasciatore telepate che scaccia la noia fornicando ovunque in technicolor (tutta la sua famiglia vede telepaticamente ciò che fa), i simpatici familiari del fidanzato che aggrediscono la gente in continuazione in preda a scoppi d’ira, un bambino capace di creare potenti illusioni che va compiendo stragi, e naturalmente il nume tutelare dell’Arca, un tal Faruk, anche lui eterno, anche lui alieno nell’aspetto, anche lui unicamente interessato a fare zumzum con le sue favorite.

Ma ciò che mi fa più imbufalire è che dopo essermi sorbita questa indigesta pietanza per non so quante pagine (l’ho letto in ebook ma ho visto in libreria il tomo e pareva un vocabolario), il romanzo finisce ad mentulam (per i non latinisti “a c*****”), secondo il malcostume per cui fantasy devono essere come minimo trilogie.

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Ora, la domanda che forse vi sorge spontanea è: perché hai terminato il romanzo? Perché non l’hai scaraventato nel cestino del tuo Kindle senza passare dal via? 
Sarò sincera, l’unico punto a favore di “I fidanzati dell’inverno” è che ti spinge a girare pagina nella speranza di un avvenimento, di una conclusione, di uno svelamento, di un colpo di reni della protagonista. Ma, perdonatemi il paragone, è un coitus poco piacevole e decisamente interruptus
A questo punto, dunque, anche se, per pura curiosità, vorrei sapere che ne sarà dei personaggi, un sano istinto di conservazione mi dice di evitare accuratamente il secondo tomo (sempre corposissimo).

LA VITA È TROPPO BREVE PER LEGGERE BRUTTI LIBRI.