domenica 4 giugno 2017

FANTAFILM: THE CIRCLE


OCCASIONI SPRECATE. Credo che queste due parole condensino fin troppo bene “The Circle”, sia nella versione cinematografica che in quella letteraria.

Insomma, comunque lo proponi, non è abbastanza. Non fa abbastanza. E temo che ciò accada non per una scelta consapevole dell’autore (anche se forse ne è convinto e qualcuno gli darà ragione), ma per una sua manchevolezza.


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Bisogna ammettere però che il film è più snello e incisivo. Cerca di incalzare lo spettatore, anche se in modo maldestro. Se il romanzo è una stanza ingombra di oggetti rischiarata da potenti fari da stadio, in cui Eggers cerca d’illuminare i due o tre pezzi davvero importanti con una flebile torcia a pile, la trasposizione cinematografica ha provato a togliere di mezzo alcuni scatoloni e cianfrusaglie. Mai miracoli non li fa nessuno e così elude ugualmente alcuni nodi importanti. D’altra parte gli sceneggiatori hanno sforbiciato e riscritto già molte parti (alcune delle quali, francamente, potevano restare com’erano), e probabilmente non hanno avuto il coraggio o la libertà contrattuale di andare oltre.


La verità è che Dave Eggers, forse nel tentativo di farci assaporare la banalità del male, per dirla con le parole di Hannah Arendt, o forse per farci percepire quanto sia “normale” e vicino il mondo che descrive (questa è una fantascienza che colloca il futuro oggi pomeriggio), ha diluito all’eccesso la distopia. Al punto che si può essere tentati di credere che ciò che descrive non sia il Male, ma un’utopia da perseguire. Che a lui piaccia un mondo dove tutto è controllato da aziende globali dell’IT, le quali esercitano una “dittatura morbida” (qui sto citando, al contrario, Fabio Lastrucci e la sua “Utopia morbida”). 

Nel suo libro, infatti, le voci del dissenso sono troppo deboli e affidate a una sequela di “sfigati”: i genitori poveracci di Mae, l’ex fidanzato ciccione partorito da qualche sobborgo da incubo, il genio borderline con la sindrome di Aspergen (ribadisco, sto parlando del libro, film ci vanno molto meno pesanti). Mancano gli eroi. Il crescendo di tensione non cresce abbastanza. E manca anche quel momento catartico in cui il lettore salta sulla sedia ed esclama: “Occazzo!”. Persino la morte tragica di Mercer si perde in un flusso di dati di cui faremmo a meno. Perché il povero lettore, dopo centinaia di pagine (l’ho letto in ebook ma mi sono sembrate un’infinità), in cui Eggers lo titilla fiaccamente senza eccitarlo davvero, un’esplosione finale se la merita, no?


Ma anche il finale non soddisfa. Se nel film s'intravvede una speranza, nel libro non troviamo manco quella. Capisco che il capovolgimento dell’ultima ora, in cui Mae apre gli occhi e scardina tutto ciò in cui ha creduto e che ha contribuito a consolidare, poteva apparire banale, scontato, già visto. Ma almeno rendi epico il trionfo della dittatura, perché noi poveretti possiamo sussultare un pochino e rabbrividire quel tanto che basta.


Insomma, Dave, prendi esempio da 1984 (cui, ammettilo, fai l'occhiolino) e spingi sull’acceleratore. Facci vedere il volto del nuovo Grande Fratello in tutta la sua deformità, nascosta così abilmente dalla maschera di un mondo ordinato, pulito ed efficiente. Altrimenti il tuo libro (e con esso il film) perde l’occasione di diventare un documento di denuncia per restare una descrizione mediamente pallosa di qualcosa che in parte sappiamo già.

Chi ha già capito come girano le cose sul web, come i social immagazzinino e spesso vendano i nostri dati al miglior offerente (il caso eclatante è quello di Cambridge Analytica, la società di marketing che ha aiutato Trump a infinocchiare con precisione chirurgica gli Americani), non vede nel tuo libro nulla di rivelatore. Chi s’intende di fantascienza, può citare numerosi esempi molto meglio riusciti (a me la faccenda della democrazia via web fa venire in mente “Diritto di voto” di Asimov… mescolata al Blog di Beppe Grillo…).


Ma soprattutto, chi dovrebbe essere illuminato, chi avrebbe bisogno che gli si aprano gli occhi, se non si è addormentato nel frattempo, non viene raggiunto. Anzi, rischia di convincersi che dopotutto è meglio essere spiati 24/24h e avere un’illusione di libertà in un mondo che funziona e offre mille servizi, piuttosto che affrontare il caos e la fatica della vera libertà.
Si lascerà  sedurre dagli slogan dove si inneggia al diritto di SAPERE TUTTO. Ma poi è davvero un diritto? E ci renderà più  felici o completi? Perché qui non si tratta della Conoscenza con la C maiuscola, ma di spiare quante volte la vicina si mette le dita nel naso. E, come diceva Heinlein nel lontano 1961, "moltissime nevrosi possono essere fatte risalire alla malsana abitudine di sguazzare nei guai di cinque miliardi di sconosciuti" (da "Straniero in terra straniera").


Qualcuno obietterà che nell'oceano di informazioni che ci sommerge, le dita nel naso della vicina guadagnano un comodo anonimato (almeno finché io non scelgo di interessarmene). Persino le stragi più orribili vengono predigerite, masticate e al momento opportuno espulse dal web dopo essere state piegate al volere di chi comanda, diluendosi in certi casi nel flusso mediatico senza incidere davvero sulle nostre coscienze. Vero, ma non fornisco un binocolo al mio dirimpettaio e non apro le tende se voglio girare indisturbata in biancheria intima. 

Insomma, per farla breve, avrei gradito che Eggers prendesse una posizione più netta, guidasse con più forza il lettore in una direzione chiara, usando tutti i trucchi del mestiere. Il che non significa che dovesse scrivere un pamphlet politico, ma usare la vecchia cara socratica maieutica con più perizia. Una carenza di cui gli sceneggiatori si sono accorti, tanto che hanno pensato di intervenire per correggere il tiro.


Ma allora perché tanto successo?

La risposta più ovvia è che sotto “The Circle” si nasconde (neppure troppo bene) il colosso Google, coi suoi servizi sempre più integrati. Il che ha scatenato i media, dando risonanza al film e garantendo ad Eggers un bel po’ di royalties.


Ma concedetemi i miei cinque minuti di paranoia complottista. Chi ha interesse a scardinare Google al punto da investire denaro ingaggiando un attore del calibro di Tom Hanks? Quali sono i rapporti delle case di produzione del film con Google e soprattutto con la concorrenza? Perché una casa di produzione di Abu Dhabi ha partecipato al progetto?


Okay, quali che siano le ragioni, ben venga una differenziazione dei provider di servizi web e una sana critica di ogni monopolio.

Ma siamo sicuri che chi vuole spezzare il monopolio Google non voglia mettere semplicemente sul trono altri re? Che, cambiando il maestro, la musica non resti la stessa?

E soprattutto: il sistema può essere davvero spezzato, a questo punto? Quali sono le vere possibili forme di dissenso e di resistenza? Si può restare nel “cerchio” senza esserne schiavi o è necessario uscirne definitivamente e sparire nei boschi? Per dirla con Umberto Eco, si può essere “integrati” e liberi, o l’’unica alternativa è essere “apocalittici”?





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